ETICOSCIENZA – Associazione di Etologia Etica®

IL CANE VISTO COME ESSERE SENZIENTE E NON COME OGGETTO: INTERVISTA CON UN’EDUCATRICE CINOFILA

Oggi una collaborazione esterna peculiare. Un’intervista con l’educatrice e istruttrice cinofila Debora Segna, con cui condividiamo la maggior parte del valori e dei pensieri sul rispetto e l’educazione del cane. Primo tra tutti l’idea che un cane non sia un oggetto d’arredo, ma un essere vivente con propri pensieri, bisogni, esigenze ed emozioni. Per questo abbiamo voluto approfondire l’argomento con Debora parlando di isolamento sociale, differenze tra razze (esistono?), socializzazione ambientale e l’(in)utilità del rinforzo positivo con il cibo.

Penso che la condanna di molti umani che condividono la loro vita con un cane, nonché di questi ultimi, sia quella di avere un bel giardino a disposizione, per via delle motivazioni che spiegherò in seguito.
Il giardino rappresenta per la maggior parte delle persone (profane in materia cinofila), la soluzione ideale per appagare i bisogni psicofisici del loro animale.
A volte però la percezione della realtà non rispecchia quello che accade effettivamente.

Durante il primo incontro con un cliente è mia abitudine fare molte domande al fine di avere un anamnesi dettagliata riguardo la storia del cane, così da poter  fare una diagnosi corretta del problema o dei  problemi, qualora ce ne fossero realmente.
Alla domanda “fa uscire mai il cane?” la risposta del proprietario è generalmente: “Beh, si, ha tanto giardino a disposizione”, oppure “ha un bellissimo giardino, l’ho comprato appositamente per i miei cani”, oppure “ho un terreno molto grande, il mio cane è contentissimo, cosa può volere di più?!?” La mia contro-risposta è che “loro invece hanno bisogno di molto di più!”. I cani, come gli esseri umani, per sentirsi realmente appagati sia nella mente che nel corpo hanno bisogno di continui stimoli, come: vedere persone diverse, animali diversi ed ambienti diversi.

Il mondo del cane è fatto di odori che possono trovarsi nell’aria ma soprattutto nei luoghi che esplora. Il vedere luoghi diversi e sentire odori nuovi, rappresenta una cosa molto importante al fine di prevenire problemi comportamentali. L’ interazione con altri ambienti, che chiamiamo socializzazione ambientale, è la migliore valvola di sfogo e fonte di crescita per un cane.
Se un cane  vive costantemente in un giardino è un cane infelice, dopo un po’ di tempo l’animale conosce alla perfezione ogni angolo ed ogni odore presente in quel luogo, e quando gli stimoli iniziano a scarseggiare o ad essere addirittura assenti ecco che subentra la noia.

La noia non è che l’inizio di una catena di una serie di comportamenti più o meno fastidiosi o addirittura gravi che manifesterà in seguito il cane.
I problemi più frequenti che si manifestano a causa di una scarsa o assente socializzazione ambientale sono: cane che scava le buche, vasi portati in vari punti del giardino, cavi elettrici distrutti, buchi nella rete, distruzione di qualunque cosa che sia alla portata del cane, e nei casi più gravi: leccamento di alcune parti del corpo, in particolar modo delle zampe, grattamento ossessivo, mordicchiamento e automutilazione di parti del corpo, soprattutto della coda e delle zampe, rincorrersi  la coda, anche con possibile mordicchiamento e automutilazione, girare su se stessi (spinning), camminare sullo stesso percorso (avanti e indietro, in cerchio – pacing). Se questi comportamenti si ripetono frequentemente sono indice di una vera e propria patologia chiamata stereotipia. A volte possono manifestarsi problemi di bulimia (assenza di sazietà alimentare), e molto spesso paure, fobie, ansie, stress.
Se dovesse manifestarsi almeno uno di questi problemi ricordatevi che il cane non vi sta facendo un dispetto, come spesso sento dire ma sta solo manifestando un disagio, quindi sarebbe opportuno intervenire tempestivamente, contattando un educatore-comportamentista per evitare che la situazione degeneri.

Nessun essere vivente è felice di passare tutta la vita rinchiuso in un solo luogo senza poter avere la possibilità di vedere il resto del mondo, ed allora, perché un cane dovrebbe esserlo? Sareste felici se qualcuno vi rinchiudesse in un giardino tutto il giorno per tutti i giorni della vostra vita? Per quanto possiate essere affezionati ad un luogo o amare profondamente un libro del vostro autore preferito, dopo un po’ diventerebbero comunque noiosi perché l’uomo proprio come gli animali ha bisogno di stimoli diversi per sentirsi vivoIl benessere mentale è la strada giusta per  arrivare a quello fisico e questo è un diritto inalienabile di tutti gli esseri viventi.

Oggi non uso praticamente più cibo, se non in casi particolari, in cui ho bisogno di far masticare il cane per aiutarlo a rilassarsi ma non più come funzione di esca, perché tu puoi dare tutti i premi che vuoi per plasmare un comportamento, ammesso che un cane che vive un disagio prenda cibo, ma non condizionerai mai, fortunatamente, lasciatemelo dire, le vere emozioni e intenzioni di un cane.
Aggiungo che il non utilizzo di cibo con funzione di esca, non mi è stato insegnato e spiegato da nessun umano ma questa nuova visione mi è stata trasmessa da un cane con il quale ho lavorato in recupero comportamentale per più di un anno e che non ne voleva sapere un accidente di alcun tipo di premio prelibato. Questo cane si chiama Blake, un cane lupo Cecoslovacco maltrattato dal precedente addestratore, il quale mi ha fatto capire che per arrivare a capire la sua mente, la chiave era partire dalle sue emozioni senza l’avvalersi di alcun mezzo materiale come il cibo.

Vedere un cane che sceglie di fare una cosa spontaneamente senza trucchi e “inganni”, perché si fida di qualcuno, perché ha preso confidenza, oppure perché è cresciuta la propria autostima è la cosa più bella del mondo ed emozionante che ci sia in cinofilia.
Una scelta senza condizionamenti resta sempre l’arma più potente, affinché un essere vivente possa davvero trovare il proprio equilibrio interiore ed esprimere le proprie emozioni senza filtri.

Quando si parla di cani di razza li sento spesso definire come soggetti appartenenti ad una categoria, nella quale ogni cane, a prescindere dalla storia della sua vita, sesso, età ecc…ha comportamenti identici e bisogni specifici uguali a quelli di tutti gli altri membri della stessa razza.

Esempio: i cani da slitta amano trainare, I Labrador amano nuotare, e salvare le persone, i Pastori tedeschi amano fare la guardia, i cani da caccia amano cercare la preda, i Cecoslovacchi amano dominare, i Border fare agility, i Malinois ipo e così via… Al di là delle specifiche peculiarità e attitudini delle razze, generalmente presenti in diversi soggetti, è bene non dimenticare che ci sono prima di tutto gli individui. Ogni cane, a prescindere dalla razza, ha una propria personalità, quindi soggettività, emotività e motivazione personale.

Non è detto che se un individuo è appartenente alla razza Labrador voglia nuotare, fare pet therapy o giocare con tutti i bambini ed essere toccato da ogni persona, come non è detto che ogni pastore tedesco voglia sempre fare la guardia ecc… anche perché le vere razze da lavoro, che un tempo erano di ausilio all’uomo, ormai quasi non esistono più, poiché sono state spesso adulterate per avere cani da expo, cani da salotto o da compagnia o peggio ancora cani maltrattati geneticamente e psicologicamente.

Spesso questa standardizzazione, o stereotipizzazione dei comportamenti dei cani appartenenti a determinate razze è più una nostra proiezione che una caratteristica vera del soggetto di una specifica razza di oggi.
Se non comprendiamo visceralmente che l’individuo che abbiamo di fronte può avere bisogni e volontà ben diverse da quello che ci hanno culturalmente fatto credere, il cane sarà sempre trattato come un oggetto al nostro servizioo per soddisfare i nostri egoistici bisogni anche se siamo convinti di rispettarlo fino in fondo.

L’isolamento sociale per un animale da branco è la forma di maltrattamento psicologico più importante che un uomo possa compiere nei confronti di un cane. I cani che vivono in branco amano condividere molte cose insieme: il gioco, il riposo, il pasto, l’esplorazione di nuovi luoghi, le marcature e le interazioni sociali di vario genere. Se un cane viene isolato dalla sua famiglia canina o umana, privandolo di fatto di coloro che sono le sue ancore affettive più importanti e dei suoi legami profondi, può entrare in uno stato emotivo e psicologico tale da generare comportamenti di origine ansiosa, di frustrazione, di sconforto e di stress, che con il tempo possono portare l’animale in uno stato depressivo a volte senza via d’uscita.

Questo accade per esempio a molti cani padronali che vengono abbandonati in strada, a quei randagi che vivono liberi in branco per poi un giorno essere catturati da qualche volontario che li fa finire in un canile o in una famiglia umana, al cane di famiglia che viene lasciato sempre solo in giardino, quando arriva un figlio, o semplicemente può accadere a quei cani che vivendo in una famiglia umana, vengono discriminati per favorire altri cani più belli esteticamente o più “fighi”.
Se decidiamo di condividere la nostra vita con un animale sociale come il cane, dobbiamo entrare nell’ottica che si è una famiglia, un branco a tutti gli effetti e pensare che ogni decisione importante dovrà essere condivisa con lui, se lo vorrà, e presa affinché il cane possa non stare male e non sentirsi mai abbandonato veramente o discriminato dai suoi affetti.

Intervista di:  Chiara Grasso
Articoli di: Debora Segna

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