Collaborazione esterna – Di: Calò Ilaria – che ha frequentato e superato positivamente il Corso di Divulgazione e Comunicazione Scientifica di ETICOSCIENZA.
Gli studi sulla salvaguardia dell’ambiente e sullo stato di conservazione di molte specie animali e vegetali è notevole, ma poco riconosciuto. Inoltre la pressione antropica assorbe eccessivamente le energie della Terra rendendo difficile la conservazione della biodiversità. Definiamo stime e statistiche sul futuro del pianeta con la speranza che le parole dette diventino azioni concrete e che l’interesse comune possa rivolgersi anche alla natura.
Il rischio di perdita della biodiversità è sempre più forte, non solo in Italia ma nel resto del pianeta.Prima di tutto però cerchiamo di chiarire cosa si intende quando parliamo di biodiversità. Le definizioni dizionaristiche la descrivono come la presenza di una molteplicità di specie animali e vegetali che convivono in un determinato ambiente. Più approfonditamente si può attribuire lo stesso termine anche alla diversità biologica tra individui appartenenti alla medesima specie, in base all’ambiente in cui vivono.
La biodiversità però va ben oltre ciò che può dirci un dizionario. I dati raccolti da istituti di ricerca, frutto di studi e osservazioni, possono infatti condurci ad un grado di coscienza maggiore, grazie al quale possiamo renderci conto che la Terra in cui viviamo sta cambiando e insieme ad essa i suoi abitanti.
I dati riportati da Legambiente nel dossier “Biodiversità a rischio” pubblicato nel maggio 2017 rendono evidente che dopo milioni di anni di evoluzione il numero di specie oggi riconosciute oltrepassa il miliardo e ognuna di esseè utile se non fondamentale per l’equilibrio e la sopravvivenza del pianeta. Per avere equilibrio è necessaria la diversità, una diversità che mette in relazione gli esseri viventi portandoli ad una convivenza talvolta più immediata, talvolta più complessa ma senza la quale non ci sarebbe vita. Così nasce e si perpetua nel tempo la biodiversità.
L’uomo in questo senso ha sviluppato ambizioni importanti negli ultimi anni: nel 1992 nasce la rete Natura 2000 ed entra in vigore la Direttiva Habitat, per una conoscenza più approfondita e precisa di habitat e specie presenti nel mondo e nel 2010grazie alla Convenzione sulla diversità biologica, svoltasi ad Aichi in Giappone, l’UE pone obiettivi per la salvaguardia e la conservazione dell’ambiente da portare a compimento entro i successivi dieci anni. Decisioni importanti, solo in parte diventate realtà, in quanto per ora le percentuali di aree protette preposte dalla convenzione risultano ancora superiori a quelle effettivamente raggiunte. La difficoltà nel raggiungere gli obiettivi si riscontra principalmente a causa della pressione antropica sempre maggiore e difficile da contenere. Il comportamento sovente scorretto degli esseri umani porta ad una progressiva e pericolosa perdita di biodiversità.
La diversità di habitat infatti favorisce la presenza di diverse specie animali e vegetali, ma non solo: gli esseri viventi tendono a mutare nel tempo seguendo cambiamenti climatici e dell’ambiente. La rivista Nature nel 2017 riporta in un articolo alcuni studi compiuti in parallelo da vari ecologi e biologi che definiscono più importanti i tratti funzionali delle specie, quindi le caratteristiche comportamentali e fisiche, rispetto al voler determinare il numero di specie presenti in un ambiente. Così la parola biodiversità assume un’ulteriore sfumatura: la diversità non si riferisce solo alla quantità delle specie presenti ma anche alla qualità e alla diversità delle loro peculiarità. Questa scoperta, ancora in fase di sviluppo e approvazione, può mettere in luce aspetti fino ad ora non considerati, soprattutto rendendo meno categorica la suddivisione degli habitat. Già nel 2005 la rivista Science parlava di “corridoi ecologici”, cioè porzioni di terreno in grado di riunire habitat separati in precedenza dall’uomo per azione di sviluppo o agricoltura. I corridoi ecologici possono essere una grande risorsa per il prosperare di piante e animali favorendone lo sviluppo e l’evoluzione negli anni.
La scoperta e l’azione dei ricercatori è preziosa, ma spesso viene ostacolata da interessi economici e politicio dalla diffidenza che i non esperti del settore nutrono nei confronti della scienza.
Come viene dimostrato dai ricercatori dell’università di Leeds nel Regno Unito in uno studio pubblicato su Naturenel febbraio 2018, i risultati delle ricerche e delle nuove scoperte spesso hanno dimostrazione a lunga scadenza, così gli investitori non riscontrando effetti nell’immediato accrescono la loro convinzione che le risorse economiche possano essere utilizzate per altro, spesso per interessi che distruggono l’ambiente e non lo conservano affatto. L’agricoltura intensiva, l’edificazione di ampie zone di terreno, le deforestazioni, portano il clima a cambiare rapidamente e notevolmente rendendo l’ecosistema sempre più debole e povero di habitat naturali. Così per far fronte all’eccessiva domanda da parte della società consumista i soldi spesi dalle industrie vanno a togliere ricchezza al pianeta invece di accrescerla. Legambiente riconosce cinque principali cause di declino della biodiversità: la frammentazione di habitat, i cambiamenti climatici, l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse di cui abbiamo parlato poc’anzi, aggiungendo l’introduzione delle specie aliene invasive, tema per altro al centro di dibattiti in questi ultimi giorni.
Le specie aliene vengono definite come tali in quanto tolte dall’uomo (volontariamente o meno) dal loro luogo di origine per essere inserite in un ambiente in cui vanno a scontrarsi con gli equilibri già esistenti tra le specie autoctone. Così gli “ospiti indesiderati” più tenaci, definiti invasivi,colonizzano i territori altrui e i “padroni di casa” risultano fortemente debilitati da questa situazione, per quanto riguarda risorse, spazi, salute. Gran parte della popolazione non si rende ancora conto della gravità del fatto, per questo sono necessari provvedimenti in merito. Riferendoci alla più vicina attualità, in Italia il decreto legge 230 entrato in vigore nel dicembre 2017 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30/01/2018, vieta che le specie esotiche invasive più pericolose, definite in specifiche liste di riferimento consultabili via webgratuitamente, possano essere introdotte, allevate, coltivate, commerciate.
Affinché la situazione non peggiori è doveroso agire. La biodiversità è una componente fondamentale per la vita nonostante pochi ancora abbiamo a cuore la sua conservazione. Nel momento in cui la maggior parte delle specie saranno estinte ci renderemo conto di non poter sopravvivere a lungo, ma sarebbe bene non giungere a queste tragiche conclusioni. Il modo per migliorare esiste. Primariamente ci sono conflitti interni da risolvere di natura sociale, ideologica e istituzionale: un maggior coordinamento tra istituzioni e maggiore educazione dei cittadini al rispetto dell’ambiente, puntando sull’educazione ambientale e civica nelle scuole (come viene inoltre definito dal report Urban Nature redatto nel 2017 dal WWF);inserire tra le priorità politiche la questione della perdita di biodiversità, fino ad ora poco considerata; moderare lo sfruttamento del territorio cercando di limitare i consumi e soprattutto gli sprechi; definire leggi precise che possano tutelare gli equilibri del pianeta e infine porre l’attenzione non solo su crescita e progresso dell’Occidente ma soprattutto sulla diminuzione dello sfruttamento eccessivo delle risorse biologiche, cercando di attuare una ridistribuzione della ricchezza nel mondo.
Calò Ilaria
FONTI:
Eva Alessi, Report Urban Nature, WWF Italia Onlus 2017
Legambiente Onlus, Dossier biodiversità a rischio, maggio 2017
Daniel W. O’Neill, Andrew L.Fanning, William F.Lamb, Julia K. Steinberger, A good life for all within planetary boundaries, <<Nature – Sustainability>>,5 febbraio2018
Rachel Cernansky, Biodiversity moves beyond counting species, <<Nature>>, 31 maggio 2017
Douglas J. Levey, Benjamin M. Bolker, Joshua J. Tewksbury, Sarah Sargent, Nick M. Haddad, Effects of Landscape Corridors on Seed Dispersal by Birds, <<Science >>, 1 luglio 2005
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Seguici sui socialArticolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA
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