Ovviamente come immaginate il mondo dei parchi zoologici è immenso e scrivere tutto in una paginetta sarebbe utopistico. Voglio però darvi modo di vedere la realtà di uno zoo con altri occhi, al fine che possiate decidere voi stessi come, quando e perché andare, se andare e con quali obiettivi. In modo che possiate avere una conoscenza sufficientemente attuale, al fine di potervi fare una vostra idea a riguardo.
Punto numero uno: non tutti gli zoo sono uguali.
Ci sono zoo con un’impostazione anni 70, altri dell’inizio del secolo scorso e altri nati qualche anno fa. Zoo che sono rimasti come 50 anni fa, e altri in continuo cambiamento e miglioramento.
Non generalizziamo, su nessun versante.
● Gli zoo moderni, normalmente chiamati Bioparchi, hanno una visione mirata al benessere animale, con progetti di conservazione e in cui gli animali godono di una buona condizione di salute e di Welfare (E in alcuni casi anche di Wellbeing (Benessere in toto)).
Questi zoo, sono quasi sempre membri EAZA (European Association Zoo and Aquarium), che è fondamentalmente un marchio di qualità, nato dalla fondazione dei migliori zoo d’Europa, che le normative europee degli anni 90 e del 2011 hanno preso e reso emblematiche. Per poter far parte di questa associazione e godere del marchio EAZA, del riconoscimento e dei privilegi che questo comporta, gli zoo devono passare dei veri e propri esami di qualità, basandosi sui parametri di benessere, sicurezza, salute, educazione e conservazione ed essere approvati dal comitato di esperti EAZA.
Negli Zoo facenti parte del marchio EAZA, gli animali non si comprano, non sono oggetti di scambio economico, vengono quasi sempre “prestati” ad altri zoo a fini di riproduzione e di conservazione. Il fatto che gli animali non abbiano un prezzo, negli zoo EAZA, è un grande e significativo segnale del valore non economico che quegli animali rappresentano.
All’interno dell’EAZA esistono programmi di riproduzione in cattività al fine, a lungo termine, di poter reintrodurre, se necessario, una popolazione geneticamente “pulita” in natura. Questi programmi si chiamano EEP ed ESB. La differenza sostanziale è l’urgenza e la gravità delle azioni di riproduzione e ripopolamento, in base al rischio di estinzione stimato dalla IUCN.
I programmi di EEP tendono quindi a preservare, attraverso le strutture zoologiche EAZA, un pool genetico pulito, sottospecie con sottospecie per intenderci, al fine di poter, nel caso in cui scomparisse in natura, reinserire la specie nell’habitat naturale nel minor tempo possibile.
Gli accoppiamenti avvengono sempre in modo mirato tra i vari zoo, dopo esame genetico, in modo da evitare l’inbreeding e la consanguineità con tutti i problemi che comporta. In questo modo, pur partendo da pochi o pochissimi esemplari, si riesce a “ricostruire” la specie con individui sani.
Programmi di EEP funzionanti sono stati l’esempio della lince iberica, che sarebbe stata il primo felino ad estinguersi, dopo milioni di anni. Grazie alle azioni e ai programmi di riproduzione ex situ (in ambienti controllati), è stato possibile nel giro di 50 anni, reintrodurre la specie in natura, monitorandola e creando corridoi ambientali in situ, sensibilizzando la popolazione locale e controllando la distribuzione e la numerosità degli individui. Altri esempi sono la gazzella Mhor (Nager Dama), estinta in natura negli anni 70 ed ora reintrodotta in natura, il bisonte europeo, il leopardo Amur, la rana della montagna, la tartaruga Ploughshare e altre decine di esempi.
Gli stessi programmi a livello mondiale, sono contenuti nel WAZA (World association zoo aquarium).
● Ci sono poi altri zoo, come in est Europa, Asia, SudAmerica e purtroppo ancora qualcuno in Italia, in cui gli animali, messi dentro gabbie minuscole, senza arricchimento ambientale, privati di ogni bisogno etologico e fisiologico. Qui gli animali vengono comprati, acquistati come oggetti, diventano di “proprietà” dello zoo. In questo modo gli animali assumono un valore economico e possessivo.
Figuriamoci se in questi zoo sono previsti programmi di conservazione ed educazione! Solitamente questi zoo sono anche “petting zoo”, in tema di fattoria; sono quel genere di zoo in cui si possono toccare gli animali. Dico solitamente in tema fattoria, con cavalli, conigli, pecorelle e maiali, anche se purtroppo ci sono petting zoo anche con animali selvatici, i quali, non essendo animali pet (domestici), subiscono un forte stress all’avere tanto contatto con la gente. Immaginiamo una giraffa accerchiata da tanti bambini, o un pappagallo, uno scimpanzé o un delfino. Cerchiamo di distinguere le cose. Cerchiamo di capire che ci sono animali sì e animali no.
● A tal proposito vorrei aprire un’ultima parentesi.
Animali si e animali no. Animali che si adattano meglio alla cattività e altri che invece no. Indici per valutare questi sono stati descritti in :
(¿hay animales que se adaptan mejor que otros a la cautividad? M. Salas, x. Manteca, 2016); (Clubb i Mason, 2007. Müller et al., 2011. Mcdonald Kinkaid et al., 2014).
Indici ormonali e fisiologici, comportamentali ed etologici e senza dubbio paragonati con la vita nell’habitat naturale ci danno modo di poter brevemente arrivare a una rapida conclusione su quali animali soffrono di più la cattività e quali invece non la vivono troppo male, hanno un buon indice di riproduzione e addirittura alcune migliorie rispetto alla vita in libertà. Ci chiediamo quindi, quali animali no? Animali che in natura percorrono quotidianamente lunghe distanze, come il ghepardo, l’elefante ed il delfino; animali cognitivamente più complessi e quindi esigenti, come i primati; animali che in natura passano molto tempo a cercarsi il cibo, come i ruminanti.
Altri, paradossalmente, come il leone, che è tendenzialmente sedentario, il coccodrillo ad esempio, gli anfibi ed i rettili…se ben tenuti e con le giuste precauzioni di benessere etologico e di spazio a disposizione, possono vivere una buona vita, con un degno livello di Welfare anche in cattività, anche se non sarà mai paragonabile alla vita wild in Natura.
NB: Molti delfinari e zoo (talvolta purtroppo anche EAZA) offrono spettacoli di falconeria e di cetacei. Segnale terribile: gli animali non sono clown e vederli esibirsi non è certo utile all’educazione, anzi!
Evitiamo questi spettacoli e mostriamo il nostro dissenso al personale dello zoo.
Quindi, per concludere, zoo sì o zoo no?
Partendo dal presupposto che sarebbe meglio che gli animali in cattività non ci stessero, purtroppo a volte sono necessari. Tanti zoo sono veri e propri centri di detenzione per animali recuperati da circhi o che erano PET e la cui vita in Natura è impossibile.
Per cui, sebbene in Natura un animale viva meglio che in cattività, talvolta, purtroppo, questa è necessaria. E, dopo i santuari (quelli veri), gli zoo (quelli EAZA) sono l’unica soluzione accettabile. E allora zoo sì o zoo no?
Credo che il miglior modo sia quello di informarsi, chiedere e ascoltare le opinioni degli esperti, creandosi una propria idea…e potendola cambiare se necessario.
Evitiamo gli zoo che non sono dell’EAZA, in cui non vediamo chiari progetti di conservazione di specie a rischio. Evitiamo gli zoo in cui vediamo animali stare in climi notevolmente diversi da quelli dell’habitat d’appartenenza. Zoo in cui animali notturni vengono esposti alla luce del sole ad esempio e soprattutto evitiamo gli zoo in cui è possibile interagire con animali selvatici, alimentarli, stare a stretto contatto con loro e in cui gli animali non possono mai fuggire allo sguardo dei visitatori.
Sappiate scegliere lo zoo giusto. Ce ne sono, e servono alla conservazione delle specie più di quanto immaginiamo.
Ma non tutti.
Chiara Grasso
Seguici sui socialEtologa
Laurea Magistrale in Evoluzione del Comportamento Animale e dell’Uomo presso l’Università di Torino. Dopo aver svolto uno stage formativo presso il “Bioparc Valencia” (Valencia, Spagna) ed essere stata guida naturalista e ricercatrice presso “Monkeyland Primate Sanctuary” (Plettenberg Bay, Sudafrica), ha ricoperto il ruolo di Wildlife Manager presso “Kids Saving the Rainforest – Wildlife Sanctuary and Rescue Center” (Quepos, Costa Rica). E’ stata finalista nazionale del contest di comunicazione scientifica “Famelab 2018” ed ha partecipato come relatrice a TEDxRovigo 2019. Dal 2019 è guida escursionistica ambientale certificata e socia della Società Italiana di Etologia. Nel 2020 ha ottenuto l’attestato FGASA come guida safari in Africa e il certificato di Track and Sign da Cybertracker level I. Attualmente si occupa di divulgazione scientifica presso l’Associazione ETICOSCIENZA. Da marzo 2021 è stata nominata all’interno del Consiglio di Amministrazione del Bioparco di Roma.
chiaragrasso.eticoscienza@gmail.com