Il 23 agosto sembra essere stato un giorno sacro per la fauna: due grandi eventi naturalistici hanno riempito di gioia gli appassionati di conservazione e animali.
Primo tra tutti, la scoperta di nuove tracce di lontra europea (Lutra lutra) sul territorio italiano, nel Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise. La lontra europea è un carnivoro semi-acquatico con areale eurasiatico (Europa e Asia), può arrivare a 120 cm di lunghezza ed è tendenzialmente solitario.
Anna Loy, docente al Dipartimento di Bioscienze e Territorio all’Università del Molise spiega “La Lontra europea è la specie con più ampia distribuzione nel mondo di tutte le specie d’acqua dolce. Tra gli anni Settanta e Novanta si è estinta in quasi tutta l’Europa centrale e in gran parte dell’Italia. È probabile che la causa principale della sua scomparsa sia stata l’uso di alcuni composti utilizzati come pesticidi, in particolare i policlorobifenili (PCB). Il loro utilizzo è coinciso infatti con il crollo delle popolazioni”. Alla fine degli anni Settanta, la lontra era infatti quasi totalmente estinta nella maggior parte d’Europa. Oggi le cose stanno cambiando e la Lutra lutra gode delle attenzioni di ricercatori e volontari che si occupano del monitoraggio e della salvaguardia del mammifero. Inoltre, oltre all’attività antropica, agli incidenti stradali, all’inquinamento delle acque, al bracconaggio e al cambiamento climatico, in Italia la lontra è ancora più a rischio a causa dell’introduzione della specie invasiva Myocastor coypus, la classica Nutria, che però pochi sanno non essere per nulla Italiana.
La nutria è infatti autoctona del Sud America ma iniziò ad essere trasportata in Europa e America del Nord per la pelliccia e, dai molti allevamenti, alcuni individui hanno iniziato ad espandersi fino a diventare specie aliena e successivamente specie invasiva, occupando la nicchia ecologica della nostra lontra europea, che si è quindi trovata in minoranza di popolazione e con un grave problema di perdita dell’habitat.
La lontra, infatti, è stata inserita in due allegati della Direttiva 92/43/CEE (“Direttiva Habitat”) con cui è stata istituita la rete europea Natura 2000. Nei documenti vengono richieste una protezione rigorosa della specie e l’istituzione di siti d’importanza comunitaria per garantire la tutela dell’habitat, come la limitazione dell’espansione dell’areale delle nutrie (specie invasiva). Grazie a questi provvedimenti, la lontra sta riconquistando gran parte dell’areale storico dell’Europa centrale.
La presenza della lontra è infatti fondamentale per l’ambiente poiché rappresenta un prezioso indicatore della qualità di questo. Secondo le stime più ottimiste, oggi in Italia vivono tra le 400 e le 600 lontre. Il recupero di questa specie molto sensibile agli inquinanti è un chiaro segnale di cambiamento: l’Italia sta iniziando a diventare un paese meno inquinato e più pulito e le lontre traggono giovamento da questo cambio di rotta.
Lo studio della lontra in Italia prosegue anche grazie a progetti di ricerca molto complessi. Uno di essi è stato Lontrack, un progetto condotto dalla dottoressa Laura Leone che ha utilizzato raffinate tecniche di genetica non invasiva, col fine di tracciare minuziosamente la presenza degli esemplari nel bacino del fiume Sangro, in Abruzzo. Essendo molto difficile da avvistare a causa del suo comportamento elusivo e la sua biologia catamerale e notturna, molti dati sulla diffusione della lontra devono basarsi principalmente sul ritrovamento di tracce e segni sul terreno ed è proprio così che nei giorni scorsi, il gruppo di ricerca ha trovato i cosiddetti spraints (escrementi), che sono un segno distintivo della specie sia per l’aspetto che per l’odore.
Si tratta probabilmente di un individuo che è riuscito a oltrepassare una diga che sembrava invalicabile, e invece è stato possibile e così la lontra, molto probabilmente, inizierà a colonizzare anche questa zona del parco.
Il presidente del Parco, Antonio Carrara, è molto soddisfatto: “Si tratta di una splendida notizia: la presenza certa della lontra, che è tornata a frequentare il territorio del Parco dopo oltre 40 anni dall’ultima segnalazione certa, che risale al lontano 1975. Ringrazio i due ricercatori, Leone e Giovacchini, e l’Università del Molise per il lavoro fatto. Le presenze rilevate impegnano il Parco a un lavoro più intenso per migliorare le condizioni dell’habitat del fiume Sangro e consentire alla specie una presenza stabile. Gli interventi per rendere più efficiente la depurazione e per ricostituire la vegetazione ripariale in alcuni tratti del fiume vanno sicuramente in questa direzione”.
Insomma, una notizia positiva su due fronti: da una parte la soddisfazione e la felicità di vedere una ripopolazione di lontra europea sul territorio italiano, cosa che non succedeva da 40 anni, dall’altra parte la felicità che la presenza di lontra, specie ‘’ombrello’’, indica che l’ambiente e le acque della nostra penisola, piano piano, stanno tornando ad essere pulite e sane, per gli animali e per noi.
L’altra notizia felice arriva invece dal Vicentino, dove la quinta migrazione di Ibis eremita guidata dall’Uomo, è arrivata a Thiene.
Il progetto, finanziato dal Parco Natura Viva e dal progetto LIFE + “Reason for hope” è un tentativo di ripopolare i cieli europei e di ristabilire le rotte migratorie di ibis eremita (Geronticus eremita), specie gravemente a rischio di estinzione secondo la IUCN: all’inizio del XX secolo la popolazione di ibis ha subito un calo di circa il 98% dovuto alla combinazione di vari fattori. In primis la caccia illegale, la distruzione dell’habitat per far posto ad allevamenti e piantagioni di tipo intensivo, l’utilizzo di fitofarmaci e il disturbo delle rotte migratorie e delle colonie riproduttive a causa dell’eccessiva antropizzazione.
Lo United Nations Environment Programme Secretariat contò, in un censimento del 2008, solo 550 individui di questo splendido uccello in tutto il mondo, per questo i programmi di reintroduzione sono fondamentali per la sopravvivenza della specie.
Ma di cosa si tratta esattamente questa “migrazione guidata dall’Uomo” e cosa è successo il 23 agosto?
Essendo una specie migratoria, l’ibis deve percorrere migliaia di km per raggiungere Orbetello, in Toscana, dove gli uccelli passeranno l’inverno ai climi miti fino al prossimo marzo, per poi ritornare in Austria. Il progetto consiste in un accompagnamento al volo per pulcini nati in cattività attraverso una sorta di “aeroplano ultraleggero”. Grazie all’imprinting, cioè l’attaccamento che si sviluppa tra i piccoli di alcuni animali e la prima figura che vedono dopo la nascita, ogni anno un gruppo di giovani ibis eremita seguono in volo i loro genitori adottivi umani, che li accompagnano a bordo di un ultraleggero dalla fredda regione austriaca alle zone più calde dell’Italia centrale.
Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva ci spiega: “Alle mamme adottive vengono affidate le uova deposte in un parco zoologico a qualche ora dalla schiusa e da quel momento, instaurano con i piccoli un rapporto che consente loro di crescerli, addestrarli al volo e farsi seguire alla testa dell’ultraleggero. Ma il percorso sarà completo solo quando, arrivati ad Orbetello, il ruolo delle mamme adottive terminerà: gli ibis dovranno dimostrare da soli di poter tornare alla vita selvatica!”
Il 23 agosto lo stormo di 29 esemplari e delle loro “mamme umane adottive” è entrato in Italia toccando terra a Thiene, in una terza tappa tradizionalmente molto impegnativa. Ventiquattro ore nel vicentino e il giorno dopo i 29 ibis eremita e le due mamme adottive a bordo degli ultraleggeri hanno ripreso il viaggio in direzione della prossima tappa di Borgo San Lorenzo (FI). Il viaggio verso Orbetello non è che a metà e lo stormo ha ancora di fronte il grande appuntamento con gli Appennini. All’arrivo, uomini e uccelli avranno compiuto 1000 chilometri in volo: niente, rispetto alle migliaia di chilometri che potranno percorrere una volta tornati al proprio habitat naturale.
Insomma, una grande ed importante spinta per questa specie a rischio di estinzione, un aiuto dall’Uomo che proprio qualche decina di anni fa ha portato l’Ibis eremita al bordo della scomparsa sulla Terra.
Sia per la lontra, che per l’ibis queste sono grandi notizie che danno speranza per una salvaguardia delle specie e degli habitat a rischio, ma se si guarda alla “Big Picture”, questi eventi non si limitano solo alle due specie, ma sono d’esempio per un’Italia che lotta per la conservazione, che investe nella protezione e che sta cercando di riparare a danni passati, sperando in un futuro migliore per l’ambiente e gli animali.
E quindi, tra tutte le brutte notizie che ogni giorno popolano i nostri giornali, qualche bella notizia non può che farci tornare a credere fermamente nella conservazione attiva del nostro magnifico Pianeta.
Chiara Grasso
Etologa
Laurea Magistrale in Evoluzione del Comportamento Animale e dell’Uomo presso l’Università di Torino. Dopo aver svolto uno stage formativo presso il “Bioparc Valencia” (Valencia, Spagna) ed essere stata guida naturalista e ricercatrice presso “Monkeyland Primate Sanctuary” (Plettenberg Bay, Sudafrica), ha ricoperto il ruolo di Wildlife Manager presso “Kids Saving the Rainforest – Wildlife Sanctuary and Rescue Center” (Quepos, Costa Rica). E’ stata finalista nazionale del contest di comunicazione scientifica “Famelab 2018” ed ha partecipato come relatrice a TEDxRovigo 2019. Dal 2019 è guida escursionistica ambientale certificata e socia della Società Italiana di Etologia. Nel 2020 ha ottenuto l’attestato FGASA come guida safari in Africa e il certificato di Track and Sign da Cybertracker level I. Attualmente si occupa di divulgazione scientifica presso l’Associazione ETICOSCIENZA. Da marzo 2021 è stata nominata all’interno del Consiglio di Amministrazione del Bioparco di Roma.
chiaragrasso.eticoscienza@gmail.com