Spesso, per amore degli animali si fanno errori gravissimi per il loro benessere e per la conservazione della nostra fauna. Uno di questi errori è il voler alimentare gli animali selvatici. “Una banana per una scimmia. Cosa c’é di male? Le scimmie in Natura mangiano le banane…non sto facendo nulla di sbagliato. Un pezzo di pollo per una volpe, la alimento così non ha fame. Una briciola per un passerotto, così lo aiuto a passare l’inverno”. Ma dietro questi gesti d’amore purtroppo ci sono rischi per l’animale stesso che vorremmo aiutare.
In queste immagini possiamo assistere ad una scena piuttosto comune nelle zone turistiche di Paesi esotici in cui é presente un gran numero di fauna selvatica, in particolare primati (scimmie).
In quanto esseri umani siamo spinti da un irrefrenabile desiderio di interagire con tutto ció che ci circonda. E cosa puó esserci di meglio delle attenzioni di un animale selvatico curioso e particolarmente mansueto?
Il problema principale sta nel fatto che in molti casi il cibo umano é pericoloso per la salute degli animali selvatici. In questo caso, i ragazzi che hanno girato questo video offrono una “innocua” banana a due scimmie marmoset ( Callithrix jacchus – piccoli Primati tipici del territorio Brasiliano) che vivono libere in un parco Naturale. Il che non appare certo dannoso per gli animali e, quindi, la faccenda si complica. “Una banana per una scimmia. Cosa c’é di male? Le scimmie in Natura mangiano le banane…non sto facendo nulla di sbagliato”.
Beh, dietro c’é ben altro.
In generale l’umanizzazione, il continuo abituare gli animali selvatici ad avvicinarsi all’Uomo per chiedere cibo o magari oggetti, é un qualcosa che mette seriamente a rischio questi animali. Li rende piú vulnerabili, con la possibilità che possano essere mal alimentati, che si alteri la loro socialità, che vengano piú facilmente uccisi (magari perché considerati infestanti), che possano venir catturati con più facilità per essere rivenduti come Pet, o che magari vengano investiti da un auto.
Si tratta di animali che possono diventare un serio problema per gli esseri umani e per sé stessi…e la causa siamo proprio noi!
Non sono poche, infatti, le disgrazie avvenute proprio perché gli animali venivano alimentati. Volpi o lupi avvicinati, alimentati e umanizzati che poi sono stati uccisi da altri esseri umani, un po’ meno empatici, un po’ meno buoni. Storie di cerbiatti e cinghiali diventati mascotte dei paesini di montagna, amati e alimentati da tutti, poi morti investiti perché purtroppo per avvicinarsi agli esseri umani, dovevano attraversare strade trafficate. Storie lontane da noi, in Africa, dove leoni e ghepardi venivano alimentati dalle guide safari non sostenibili, per essere sicuri di avvistare e potersi avvicinare all’animale, che poi chiaramente veniva abbattuto perché troppo confidente e quindi pericoloso.
Oltre alle questioni di sicurezza e benessere animale, c’è anche il rischio di zoonosi, parola che abbiamo conosciuto bene in questi mesi di pandemia. Le zoonosi sono malattie ed infezioni trasmissibili dall’essere umano agli animali e viceversa. Per quanto si faccia attenzione, infatti, c’è sempre il pericolo di poter infettare gli animali con nostre infezioni. Un nostro semplice raffreddore o un’herpes, possono essere fatali per un animale selvatico. Così come un virus animale può essere mortale per noi, come nel caso dell’ebola o del coronavirus.
Altro pericolo è quello di dare all’animale cibo sbagliato. Gli animali, in Natura, hanno tempi, modalità e assunzioni di componenti nutritivi scandite dai loro ritmi e dalla loro vita. Per quanto crediamo che il cibo sia sano e giusto, c’è il rischio che non lo sia. Se troviamo un animale visibilmente deperito, ferito o in difficoltà, contattiamo il CRAS più vicino e chiediamo a loro come comportarci. Non sperimentiamoci eroi, veterinari e salvatori della fauna se non ne abbiamo le competenze. Anche con le migliori intenzioni, i rischi di fare danni sono più di quanto pensiate.
In tutto questo si aggiunge la nostra interferenza con le regole della Natura, quali ad esempio la socialità e le gerarchie nel gruppo degli animali. Se un capriolo viene alimentato di più, questo diventerà più forte o più aggressivo. Questo sconvolgerà gli equilibri all’interno del gruppo, dove ci sarà qualcuno che invece sarà più denutrito e quindi avrà meno successo riproduttivo, ad esempio. Sono infiniti gli esempi che possono essere fatti per spiegare i rischi connessi all’alimentazione dei salvatici nei problemi relativi alla loro importantissima socialità.
Non si può, inoltre, non considerare la componente etica. Non è accettabile ogni forma di ricatto morale nei confronti delle specie selvatiche che si avvicinano a noi solo in cambio di un’offerta di cibo e con strategie affini. Scegliere di avvicinarsi a noi é un’azione che non farebbero mai spontaneamente, dato che l’interazione con l’Uomo non é inclusa nel loro repertorio comportamentale specie-specifico.
Non esiste “curiosità”: se un animale selvatico si avvicina a noi, è un animale “rotto” – è un animale che non sarà mai libero, mai selvatico e che in noi cerca solo cibo, forse perchè molti altri ignoranti prima di noi l’hanno alimentato inconsapevoli dei danni che arrecavano all’animale.
Loro in Natura, se sani e liberi, non hanno bisogno di noi e, anzi, senza di noi stanno anche meglio. Che sia una scimmia, una volpe, un uccellino o un’iguana.
Pochi, pochissimi sono i casi in cui veramente la fauna selvatica ha bisogno di noi per scopi alimentari (ad esempio in alcune zone con stagioni particolarmente critiche). In questi casi sono gli stessi parchi nazionali e le stesse guardie forestali a fornire cibo dove necessario, andando a depositare le giuste quantità di determinati mangimi lontano dai centri abitati e soprattutto in modo tale che gli animali non colleghino mai Uomo e cibo. Perché è proprio questo il problema: il fatto che gli animali associno all’essere umano il cibo e quindi dipendano poi dall’Uomo per le risorse e per la sopravvivenza, perdendo la loro indole innata a cercare cibo e cacciare. Bisogna saper rispettare la Natura per quella che é, ammirandola ed osservandole senza per forza interagire o modificare le cose intorno a noi.
Etologa
Laurea Magistrale in Evoluzione del Comportamento Animale e dell’Uomo presso l’Università di Torino. Dopo aver svolto uno stage formativo presso il “Bioparc Valencia” (Valencia, Spagna) ed essere stata guida naturalista e ricercatrice presso “Monkeyland Primate Sanctuary” (Plettenberg Bay, Sudafrica), ha ricoperto il ruolo di Wildlife Manager presso “Kids Saving the Rainforest – Wildlife Sanctuary and Rescue Center” (Quepos, Costa Rica). E’ stata finalista nazionale del contest di comunicazione scientifica “Famelab 2018” ed ha partecipato come relatrice a TEDxRovigo 2019. Dal 2019 è guida escursionistica ambientale certificata e socia della Società Italiana di Etologia. Nel 2020 ha ottenuto l’attestato FGASA come guida safari in Africa e il certificato di Track and Sign da Cybertracker level I. Attualmente si occupa di divulgazione scientifica presso l’Associazione ETICOSCIENZA. Da marzo 2021 è stata nominata all’interno del Consiglio di Amministrazione del Bioparco di Roma.
chiaragrasso.eticoscienza@gmail.com
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