DA OGNIDOVE GIUNGONO NOTIZIE CHE CHIAMANO ALLA FINE DEL MONDO, ALLARMISMO O FORSE QUALCOSA DI VERO C’E? UNA REALE COMPRENSIONE DI CIO’ CHE STA ACCADENDO PUO’ ESSERE UNA CHIAVE PER FARE SCELTE PIU’ CONSAPEVOLI.
Articolo di Sara Boninsegna, che ha seguito e superato il corso di divulgazione scientifica
Da anni sentiamo parlare di effetto serra e cambiamento climatico, come sassi lanciati in un lago che generano cerchi che poi si dissolvono nel nulla, così l’umanità sembra non percepire il problema.
Probabilmente questo è dovuto al fatto che se ne parla sì, ma in maniera frettolosa e con paroloni a noi spesso incomprensibili che ci fanno pensare che forse non sia una cosa che realmente ci riguarda e che se ne occuperà chi ha il potere e le competenze per farlo; o che sono falsi allarmismi lanciati dai politici per scopi reconditi e infine che sia una cosa troppo lontana a livello temporale dal nostro presente.
Ma se provassimo a semplificare i concetti e realmente a comprendere quello che sta succedendo forse diventerebbe tutto più chiaro e familiare. Iniziamo col chiarire cosa sono i gas serra e l’effetto serra .
L’effetto serra, semplicemente è ciò che ha permesso la vita sulla terra. Spieghiamoci: la terra è circondata da uno strato gassoso, l’ atmosfera. In atmosfera sono presenti i gas serra (CO2, metano e vapore acqueo), che permettono il passaggio dei raggi solari.
Questi raggiungono la crosta terrestre, che ne riflette una parte (cioè li rimanda direttamente indietro), mentre ne assorbe la restante, che trasformata in calore viene nuovamente riemessa; rimbalzando contro i gas serra, una parte di questo calore ritorna sulla Terra e il resto viene disperso al di fuori dell’atmosfera (nello spazio).
Attraverso questo processo la temperatura media del pianeta, di 15° circa, ha permesso e permette tutt’ora la vita sulla terra.
Di conseguenza risulta facile immaginare come i gas serra, siano dei termoregolatori, e che un incremento di questi porti ad una maggior quantità di calore rimandato sulla terra. Fin dalla sua genesi, il Pianeta Terra ha affrontato fluttuazioni climatiche con abbassamenti estremi delle temperature, le glaciazioni, alternati a fasi di surriscaldamento, che hanno portato a conseguenze disastrose per le forme di vita esistenti.
Talvolta tuttavia le fluttuazioni avvenivano in modalità e tempistiche tali da permettere la sopravvivenza delle diverse specie animali e vegetali; l’ambiente infatti un organismo geodinamico, un sistema pulsante in costante ricerca di un equilibro che attraverso mutazioni genotipiche e fenotipiche si adatta ai cambiamenti, evolvendosi in forme che permettono loro di sopravvivere.
Purtroppo ciò oggi non sta accadendo, già dal 1979, con la prima conferenza mondiale sul clima, ci si è accorti di questa situazione, iniziata con l’esplosione dell’industrializzazione a metà dell’800. Sono quindi bastati solo cento anni per produrre cambiamenti sensibili che stanno procedendo ad una velocità allarmate.
La Terra non è più in grado di autodepurarsi e autoriequilibrarsi.
Sulla base degli studi effettuati dall‘IPCC (Intergovernmental Panel o Climate Change), le attività antropiche sono la prima causa del cambiamento climatico attuale: l’utilizzo di fonti di energia non rinnovabili, l’emissione di CFC (clorofluorocarburi) dalle industrie concorrono a aumentare i gas serra nell’atmosfera; la desertificazione aumenta la concentrazione di CO2 (le piante, infatti, attraverso i normali processi di fotosintesi clorofilliana, con l’ausilio delle radiazioni solari, trasformano molecole di CO2 e H2O in glucosio C6H12O6, liberando O2 come molecola di scarto; evidente quindi come una riduzione della copertura forestale del pianeta aumenti la concentrazione di CO2 che non viene utilizzata)
E ancora (e attualissimo) l’aumento della temperatura terrestre alimenta da una lato lo scioglimento dei ghiacciai che provoca un innalzamento dei livelli di mari e oceani con rischio di scomparsa delle terre emerse più prossime e dall’altro alimenta l’ evaporazione delle acque con auemento di vapore acque in atmosfera che altera le strutture delle nubi provocando eventi metereologici improvvisi e più intensi rispetto a quelli a cui siamo abituati e andrà sempre peggio, cosi come emerge da un recente ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances effettuata dal climatologo Michael Mann e dalla sua squadra:
“Una serie di eventi meteorologici estivi persistenti, estremi e costosi negli ultimi dieci anni e mezzo, tra cui l’ondata di caldo europeo del 2003, l’alluvione del Pakistan 2010 / ondata di caldo russo, la siccità del Texas nel 2011, le inondazioni europee del 2013, gli incendi californiani del 2015 e l’Alberta del 2016 gli incendi boschivi hanno portato a discussioni in corso nella letteratura scientifica sulla relazione tra il cambiamento climatico antropogenico e le condizioni meteorologiche estreme delle stagioni calde […] Qualsiasi valutazione del rischio dovrebbe prendere in considerazione non solo l’aumento medio atteso (~ 50%) negli eventi, ma anche la possibilità di un ben più ampio (cioè, approssimativamente triplicato) numero di eventi, come suggerito da alcune delle simulazioni del modello.”[…]
Ma questi sono solo alcuni esempi.
Attraverso la redazione del Protocollo di Kyoto nel 1997, l’ Accordo di Parigi nel 2015 e dagli ultimi dati emessi dalla IPCC, tutto visionabile sul web, emerge sempre più quanto i mutamenti climatici siano rapidi e quanto la consapevolezza di ciò ci obblighi a intervenire.
Ma in che modo? Cosa ci dicono questi accordi? Concretamente cosa possiamo fare sia su scala internazionale e statale sia a livello di singoli cittadini?
Con l’ Accordo di Parigi (in attesa dell’entrata in vigore), si sono predisposte le opportune contromisure su due fronti: da un lato naturalmente la riduzione delle emissioni (Mitigazione), dall’altro contribuire a preparare le società umane in termini di tutela e informazione a situazioni climatiche differenti (Adattamento). Attraverso modelli numerici di simulazione e previsione, si è cercato di quantificare e qualificare ciò che ci aspetta nel XXI secolo, vagliando misure adeguate a contenerne i danni e evitarli totalmente in futuro.
Secondo gli ultimi rapporti dell’ IPCC (2012) è emerso quanto segue:
- Si stima un incremento medio globale della temperatura dell’aria tra i 3° e i 6° senza interventi di mitigazione;
- Si stima un incremento della concentrazione di vapore acqueo in atmosfera con conseguente modifica del regime pluviometrico tra emisfero nord e sud;
- Si stima un innalzamento del livello globale medio del mare compreso tra i 18 e i 59 cm, dovuto per il 75% alla perdita di massa dei ghiacciai e delle calotte polari;
- Si stima un diminuzione sensibile della copertura nevosa annuale soprattutto nell’emisfero nord (fino al 13% in Artide);
Nel dicembre 2015, 190 paesi aderenti all’Accordo di Parigi, hanno finalmente raggiungo un intesa sul clima. Obbiettivo primario è quello di contenere l’aumento della temperatura molto al di sotto dei 2° rispetto ai livelli pre-industriali, limitando l’aumento a 1,5°. Oltre a tale obbiettivo si è stabilito che:
- I vari stati stabiliranno obbiettivi di riduzione anche sulla base della propria economia, in particolar modo spingendo a fonti di energia rinnovabili quali il biogas ( miscela di vari gas prodotti dalla fermentazione anaerobica di residui organismi animali e vegetali) per il riscaldamento e la produzione di energia elettrica (oltre ai già ben noti impianti eolici e idrici…) e il biometano ( per i trasporti in sostituzione al petrolio);
- Sono stati fatte delle diversificazione fra Paesi in via di sviluppo e sviluppati: i Paesi in via di sviluppo avendo minor responsabilità nell’aumento delle emissioni ed essendo coloro che più risentono dei danni causati dai cambiamenti climatici rispetto ai Paesi più sviluppati, dovranno essere da questi aiutati con finanziamenti a sostegno;
- Verifiche quinquennali stabiliranno gli effettivi miglioramenti
- Infine, ma non per importanza, vi sarà una promozione di incentivazione verso le nuove tecnologie, la ricerca e la diffusione delle informazioni in merito alle fonti rinnovabili con spirito di collaborazione fra tutti gli Stati membri.
Tali informazioni dovranno, altresi, essere messi a disposizione dei cittadini che, attraverso, una maggior corretta eco-educazione, siano in piena coscienza sapienti; al fine di spingere il cambiamento dalle radici.
A conclusione, cosa possiamo fare quindi noi cittadini, per aiutare il Pianeta e quindi noi stessi: RISPARMIARE E RICICLARE. Se limitiamo lo spreco limitiamo le immissioni. Preferiamo i mezzi pubblici, le bici o una bella passeggiata, limitiamo lo spreco di acqua e luce, limitiamo azioni che possono inquinare l’ambiente, ricicliamo!
Informiamoci presso i nostri enti, sugli incentivi preposti per l’istallazione di impianti da fonti di energia rinnovabili.
Il climatologo Peter Newman in un articolo pubblicato su Sustainable Earth afferma infatti: ”Ora dobbiamo compiere un enorme spostamento globale verso una terra sostenibile: questa è la principale priorità a lungo termine del mondo. Per fare ciò abbiamo bisogno che la scienza della sostenibilità raggiunga non solo i responsabili politici, ma anche la società stessa. Dobbiamo comunicare chiaramente la gravità della nostra situazione ambientale globale alle persone della comunità e ai responsabili politici.” Sottolinea l’importanza di una maggior spinta verso la ricerca e l’informazione.
La consapevolezza nasce dalla conoscenza, la conoscenza nasce dalla curiosità e la curiosità nasce dalla libertà di pensiero. Noi possiamo conoscere ciò che accadrà e possiamo impedirlo! Facciamo sorgere un nuovo sole!
FONTI:
https://www.ecoage.it/effetto-serra.htm
http://www.aineva.it/wp-content/uploads/Pubblicazioni/Rivista63/NV63_1.pdf http://seer.faculdadejoaopaulo.edu.br/index.php/iurisdicere/article/view/174/185 https://www.documentigeografici.it/index.php/docugeo/article/view/148/106https://www.nasa.gov/feature/goddard/2018/a-scientists-final-paper-looks-toward-earths-future-climate http://advances.sciencemag.org/content/4/10/eaat3272 https://sustainableearth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s42055-018-0005-2 https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2214629617304413
Seguici sui socialArticolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA