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UMANI E ELEFANTI: POSSIBILE CONVIVENZA?

UOMO E ANIMALE SELVATICO, UNA POSSIBILE CONVIVENZA? IL CASO DELL’ ELEFANTE AFRICANO (Loxodonta africana)

 

Articolo di Martina Brescini

 

La nostra popolazione sta crescendo esponenzialmente e l’uomo e la fauna selvatica sono sempre più costretti a condividere lo spazio.

Da una parte le aree protette africane cercano di rafforzare le popolazioni selvatiche, ma dall’altra gli interventi di sviluppo umano al di fuori delle aree protette hanno promosso la crescita delle popolazioni umane.

Persone e animali selvatici entrano quindi più frequentemente in contatto e questi incontri possono avere importanti implicazioni nel comportamento degli animali, nel conflitto uomo-animale selvatico e nella gestione e conservazione delle aree protette.

In risposta alle attività umane e specialmente a seguito di esperienze negative, gli animali selvatici spesso percepiscono l’uomo come una minaccia e tendono a minimizzare gli incontri con le persone con una possibile esibizione di strategie anti-predatorie generalizzate.

Le evidenze che gli animali selvatici regolano le proprie attività in risposta alle attività umane sono in aumento e un esempio è un studio condotto nel Gorongosa National Park (GNP) in Mozambico e pubblicato nell’“African journal of Ecology” nel 2018.

Tale studio si è occupato di osservare come le attività umane influenzano le attività degli elefanti africani (Loxodonta africana). Dopo un’attenta analisi dei dati raccolti si è potuto osservare come gli elefanti regolano i tempi e la posizione delle loro attività.

Questi mammiferi hanno picchi di attività, in particolare nelle ore notturne, nelle zone con alte frequenze di passaggio dei veicoli all’interno del parco e lo stesso è stato registrato in prossimità degli insediamenti umani al di fuori del parco.

Al contrario nelle zone distanti dall’attività umana, gli elefanti concentrano la loro attività nelle ore diurne.

Questo suggerisce una massimizzazione dell’opportunità di alimentarsi anche dei raccolti degli agricoltori e minimizza la probabilità di incontri diretti con le persone. Allo stesso tempo questo tipo di attività è una fonte di conflitto uomo- animali selvatici, rende difficile agli agricoltori locali proteggere le loro culture, con conseguenti alti tassi di danni alle colture e possibili rivalse contro gli elefanti.

Gli studi sul comportamento spazio-temporale degli elefanti africani e pratiche di monitoraggio dei paesaggi naturali e antropogenici sono ideali per esaminare gli effetti dell’attività umana e pianificare una possibile coesistenza negli spazi condivisi.

Sfortunatamente l’idea più comune è la percezione di questo mammifero come solo un agente di distruzione, in termini della sua grandezza. Tuttavia anche se si registrano aumenti, le popolazioni hanno subito un declino rapido a causa delle pressioni umane, bracconaggio e competizione per le risorse a causa delle costruzioni urbane, questo inserisce l’elefante africano nella categoria “Vulnerabile” della IUCN red list.

Gli elefanti sono una specie chiave per l’habitat in cui si trovano perché loro ridistribuiscono e aumentano la disponibilità della biomassa. Sono stati classificati dai ricercatori come “ecological engineers” che grazie alla manipolazione fisica della vegetazione aumentano l’eterogeneità dell’ecosistema, un vantaggio per tutti gli altri organismi.

Comunque si deve pensare che le risposte comportamentali degli animali ai disturbi umani possono avere delle conseguenze importanti per le altre popolazioni selvatiche. Quando gli animali percepiscono il rischio delle persone, evitano aree di attività umana e questo “cambio” di comportamenti alterano il foraggiamento e la riproduzione con conseguenze sulla sopravvivenza individuale. Gli elefanti sono una specie con un ampio range di spostamento e l’evitamento dello spazio umano potrebbe aumentare le distanze di movimento e quindi le spese energetiche (costi di viaggio). Tuttavia, questi mammiferi potrebbero compensare l’aumento dei costi sfruttando le risorse antropogeniche, ma una conferma a tale affermazione ancora non c’è e come affermano i ricercatori in questo studio:

“ […]Sono necessarie ricerche future per comprendere i costi e i benefici delle risposte spazio-temporali all’attività umana e le loro implicazioni per la conservazione all’interfaccia uomo-natura […]”.

Articolo di Martina Brescini

Bibliografia:

 

 

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