Il suolo negli ultimi anni ha subito un forte stress e,
come spesso accade, anche in questo caso l’uomo ne è la
causa principale, quello che forse non tutti sanno, è che fare
del male al suolo significa fare del male a noi stessi…
Articolo di Giulia Calonzi, nostra associata che ha frequentato e superato positivamente il corso di Divulgazione e comunicazione scientifica
Uno dei sistemi naturali che spesso viene sottovalutato ma che invece merita particolari attenzioni non solo per la propria importanza, ma anche per la sua fragilità, è il suolo, un amico quasi invisibile ai nostri occhi. Ci occupiamo del suolo solo quando, dopo una passeggiata in campagna, ce lo ritroviamo attaccato sotto le scarpe, eppure il ruolo che esso occupa nella nostra vita è tutt’altro che marginale, nonostante infatti spesso sia ricoperto dal pavimento delle nostre case o dagli asfalti delle strade, dal suolo dipendono le nostre catene alimentari e in altre parole, ne dipende la nostra vita. Non a caso con le sue componenti organiche, inorganiche, minerarie e gassose, ricopre circa il 30% della superficie terrestre ed è fonte di interazione tra litosfera, idrosfera, atmosfera e appunto la biosfera, offrendo cibo, riparo e protezione della biodiversità;
basta pensare che tutt’oggi 2,6 miliardi di persone dipendono direttamente dall’agricoltura! Il suolo costituisce per l’uomo, fonte di ossigeno atmosferico, soprattutto quello delle nostre foreste, come per esempio le foreste tropicali, importantissime per la conservazione dell’involucro atmosferico e che regolano l’equilibrio climatico locale ma anche di tutto il pianeta, ma non solo, infatti nonostante noi conosciamo solo 1/6 degli abitanti che mettono piede su questi suoli , si stima che a far parte di questi biomi sono oltre due milioni di specie viventi. Persino però le foreste alle nostre latitudini non sono da meno, infatti pur avendo caratteristiche diverse, la loro importanza per il clima, la vita e l’identità del paesaggio è sempre grandissima.
Tuttavia circa la metà del terreno utilizzato per l’agricoltura è affetto da deterioramento e a causa della siccità e della desertificazione, vengono persi oltre 12 milioni di ettari ogni anno. Tutto questo è causato, come vedremo, da diversi fattori di varia natura quali l’erosione, la salinizzazione, il prosciugamento, l’acidificazione o l’inquinamento. Si può notare come un sistema che ha impiegato oltre decine di migliaia di anni per formarsi, possa essere distrutto e reso infertile in pochi anni e persino alcuni mesi, dal momento che le aggressioni umane al suolo negli ultimi
anni sono diventate particolarmente violente.
Ma quali sono le cause? Sicuramente, tra i principali processi di degradazione del suolo, abbiamo il taglio delle foreste in maniera incontrollata e di conseguenza, il suolo, privo della sua protezione
vegetale, viene dilavato dalle piogge per essere trasportato nei laghi e negli oceani come se precipitasse in un pozzo per non tornare mai più in superficie. Altro fattore è un’agricoltura intensiva, infatti il suolo dopo essere stato coltivato per parecchi anni e dopo che pale, picconi e
scavatrici hanno aperto profonde voragini simili a dei gironi infernali, diviene improduttivo fino a rischiare un vero e proprio processo di desertificazione, intesa come diminuzione dei terreni produttivi indispensabili per la sopravvivenza alimentare della popolazione mondiale. Altro fattore ancora, è il carico eccessivo di bestiame pascolante, infatti il calpestamento può alterare la struttura del suolo e l’aggregazione dei suoi elementi. Ma sicuramente una componente sostanziale la ricopre la contaminazione di sostanze tossiche, per lo più presenti in traccia. Questi
derivano da diverse sorgenti antropiche, pensiamo per esempio al nichel contenuto nelle benzine, o al manganese e al piombo usati come additivi nei carburanti, o al ferro nelle leghe metalliche ma anche da pesticidi e fertilizzanti e tutti i prodotti di scarto delle varie industrie di tipo minerario, metallurgico e chimico. Altro fattore non indifferenze è il carico di deposizioni atmosferiche attraverso le piogge acide, principale conseguenza ad esempio di uno scorretto smaltimento dei rifiuti, il cui incenerimento contribuisce all’emissione di polveri e metalli pesanti, ovvero quei metalli particolarmente tossici non solo appunto per il suolo, ma anche per l’uomo, causando ad esempio intossicazione agli occhi, alla pelle e alle mucose, ma persino malattie gravi come il cancro, danni
cardiaci o al sistema nervoso centrale. Le piogge acide sono chiamate così per il loro PH inferiore a 5,6 e sono dovute alla trasformazione chimica di composti come l’anidride solforosa e alcuni ossidi di azoto rilasciati in atmosfera dalle attività umane come in particolare l’uso dei combustibili
fossili.
Ma cosa si può fare per limitare quanto più possibile questi danni? Nel corso del tempo l’uomo ha dedicato molta attenzione nel capire come svolgere una corretta gestione, protezione e pianificazione del suolo, sono state ideate varie opere di tipo biologico, agronomico e ingegneristico. Si stanno attuando processi di rimboscamento per consolidare le pendici montane e limitare i rischi frana, ma anche opere di sistemazione idraulica e reti di drenaggio per ripristinare la porosità perché il suolo possa respirare; tutto questo per far fronte alla salinizzazione delle terre
aride particolarmente soggette ad accumuli di sali minerali, dal momento che lo strato di questi sali può provocare la morte della vegetazione e distruggere la struttura stessa dei suoli.
Ma probabilmente tutte queste accortezze non bastano, pensiamo ad esempio ad un’attività estrattiva, il pezzo di suolo estratto verrà disperso anziché essere conservato in un luogo vicino per poi essere riutilizzato, non a caso il termine usato dai cavatori per indicare lo strato di ricopertura dei giacimenti è “cappellaccio”, nome alquanto significativo, tanto da farci
rendere conto che manca un’importante prerogativa per la salvaguardia della risorsa suolo: la sensibilità, la sensibilità verso qualcosa che non è un semplice supporto per l’insediamento degli organismi viventi, ma è esso stesso un sistema vivente delicato e complesso e come tale, andrebbe protetto.
Fonti bibliografiche:
“Geochimica e ambiente”, Gaetano
Dongarrà e Daniela Varrica. Editore
Edises. Data di pubblicazione 12/11/2008
Microsoft Encarta 2009
Videoenciclopedia ragazzi “l’uomo e l’ambiente”. Volume terzo. Piero Angela. Armando CurcioEditore.
Wikipedia.UK
Fonti iconografiche:
pixabay
Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA