Articolo di Giuditta Celli, nostra associata che ha seguito il corso in Comunicazione e Divulgazione Scientifica.
I mari e gli oceani sono definiti spugne naturali in grado di assorbire l’anidride carbonica (CO2) presente nell’atmosfera, così da regolarne la concentrazione. A partire dalla rivoluzione industriale, la produzione antropica dell’anidride carbonica è aumentata anno dopo anno, e così anche la quantità che gli oceani assorbono. Un assorbimento eccessivo però, causa serie conseguenze sugli equilibri marini.
Per eliminare l’eccesso di CO2 discioltasi in acqua infatti, si alterano gli equilibri chimici e si ha come risultato finale l’acidificazione delle acque.
Le conseguenze più visibili di tale acidificazione, si riscontrano nei coralli e negli invertebrati con esoscheletro, i molluschi. A causa di questi equilibri alterati non è disponibile in quantità sufficiente il carbonato. Il carbonato è un elemento coinvolto proprio nel ciclo che l’anidride carbonica intraprende una volta solubilizzatasi, ed è una sostanza fondamentale per la costruzione delle strutture di coralli e molluschi tramite il processo di calcificazione. Allo stesso tempo, il sistema marino a causa dell’eccessiva acidità e della mancanza di carbonato disperso nelle acque, corrode le strutture già presenti. Così queste specie si indeboliscono sempre di più.
Gli effetti sulle specie vertebrate sono più difficili da studiare ed identificare, ma sono stati svolti diversi studi a riguardo, in laboratorio ed in campo. I risultati hanno mostrato conseguenze comportamentali e fisiologiche, che sono state interpretate come risposta di adattamento per la sopravvivenza.
È stato dimostrato che i pesci possiedono la capacità di autoregolare nel loro organismo, gli equilibri acido-base, in modo da far fronte a variazioni di acidità dell’ambiente esterno, scambiando sostanze con esso. Così in caso di acidificazione delle acque, si innescano dei meccanismi che permettono di avere una perdita di acidità interna tramite eliminazione di CO2. Ad esempio, è stato riscontrato un aumento della calcificazione a livello intestinale e degli otoliti, utilizzati per l’orientamento. Si hanno quindi conseguenze sul comportamento dei pesci, le loro capacità di movimento e di relazione sociale. Sono state riscontrate anche modifiche nei sistemi della vista, dell’olfatto e cardiorespiratorio, con frequenti iperventilazioni. Si alterno infatti i metabolismi, tendendo per lo più ad un aumento metabolico con conseguente aumento di energie necessarie.
Per quanto riguarda un effetto per la crescita o diretto sulla mortalità, gli studi sono pochi, e presentano una mancanza di conseguenze per la maggior parte delle specie analizzate.
Inoltre, l’acidificazione delle acque influenza l’ambiente in cui i pesci vivono. Questo ha una conseguenza indiretta sul loro comportamento, sulle loro abitudini alimentari e può causare possibili migrazioni e alterazioni degli equilibri dell’ecosistema e delle relazioni preda-predatore.
È importante però, tenere conto che tali conseguenze possono variare in tipologia ed entità tra le varie specie, e possono essere correlate anche ad altri fattori di stress esterni. Ad esempio l’habitat, l’aumento delle temperature marine, la presenza di specifiche correnti marine, la locazione geografica e la vicinanza alle coste.
Articolo di Giuditta Celli
SITOGRAFIA
BIBLIOGRAFIA
Physiological impacts of elevated carbon dioxide and ocean acidification on fish, R. M. Heuer and M. Grosell, Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol; 307: R1061–R1084 (2014)
Ocean acidification alters fish populations indirectly through habitat modification, I. Nagelkerken, B. D. Russell, B. M. Gillanders and S. D. Connell, Nature Climate Change volume 6, pages89–93 (2016)
Living in a high CO2 world: a global meta‐analysis shows multiple trait‐mediated fish responses to ocean acidification, C. Cattano, J. Claudet, P. Domenici and M. Milazzo, Ecological monograph; doi: 10.1002/ecm.1297 (2018)
Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA
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