Articolo di Giulia Calonzi, nostra associata che ha seguito il nostro corso di formazione in Comunicazione e Divulgazione Scientifica.
Caratteristiche etologiche e morfologiche di una specie minacciata e al limite dell’estinzione.
La Caretta caretta, definita anche con il termine di “tartaruga comune” è una specie di tartaruga appartenente alla famiglia dei Cheloniidae che vede la sua distribuzione in tutto il mar Mediterraneo, ma con particolare frequenza in Alto Adriatico, mar Ionio, coste tunisine e libiche e costa spagnola, mentre le aree di nidificazione sono invece concentrate nella metà orientale del bacino (infatti i siti riproduttivi più importanti che concentrano oltre il 97% degli oltre 7200 nidi attualmente deposti nel Mediterraneo li troviamo in Grecia, Turchia, Cipro e Libia).
Presentano arti anteriori muniti di unghie e molto sviluppati, grazie ai quali in acqua possono raggiungere velocità superiori ai 35 km/h. Sono dotate di polmoni, ma nonostante ciò sono in grado di svolgere apnee molto lunghe che durano dai cinque ai venti minuti, trascorrendo gran parte della loro vita adulta nelle acque profonde, (essendo animali adattati alla vita acquatica grazie alla forma allungata del corpo e alla presenza di due paia di “zampe” trasformate in vere e proprie pinne), salgono in superficie solo per respirare. Il loro carapace è di colore rosso marrone, che nei giovani esemplari è striato di scuro, lo scudo dorsale del carapace è dotato di cinque coppie di squame, ovvero degli scuti costali, mentre lo scudo frontale singolo porta a cinque placche. La testa è grande, con il rostro molto incurvato, non possiedono denti, ma hanno sporgenze taglienti usate per triturare il cibo. In prossimità degli occhi sono presenti ghiandole particolari che servono per eliminare il sale dall’acqua marina per poterla bere Sono animali onnivori che si nutrono di molluschi, crostacei, gasteropodi, echinodermi, pesci e meduse, frantumando anche parti dure come gusci di granchi o ricci di mare, grazie alle loro mascelle possenti.
In estate, quando raggiungono dimensioni abbastanza notevoli da mettersi al riparo dai predatori (80-140 cm e il peso di 100-160 kg), maschi e femmine si dirigono verso la costa e si congiungono per la riproduzione. Sembrerebbe che il corteggiamento dipenda dalla vista, dal tatto e talora anche da alcune ghiandole che secernano odori particolari. Durante l’accoppiamento il maschio rimane attaccato alla femmina grazie agli artigli delle zampe anteriori, ma dal momento che questo processo può durare anche molte ore, è frequente che il maschio venga scacciato da altri membri della stessa specie che prenderanno il suo posto, infatti in una singola nidiata possono esserci uova fecondate da maschi diversi. A seguito dell’accoppiamento, le femmine di C. caretta, dopo aver atteso qualche giorno in acqua, scavano buche profonde e depongono fino a 200 uova e le ricoprono con cura per poi fare ritorno al mare. Le uova si schiudono quasi tutte simultaneamente dopo un periodo di incubazione tra i 42 e i 65 giorni. La differenza di temperatura, l’ umidità del suolo e la granulometria della sabbia sono tutti dei fattori determinanti ed influenti per la schiusa, ad esempio il sesso dei nascituri è determinata dalla temperatura del suolo, non a caso le uova di superficie (caratterizzate da una temperatura più alta) daranno luogo ad individui di sesso femminile, quelle sottostanti a temperature quindi più basse porteranno alla formazione di individui di sesso maschile; è interessante sapere come, dopo lunghe migrazioni di migliaia di chilometri riescano perfettamente a ritrovare le spiagge di origine, ovvero quelle in cui sono nate, immagazzinando alla nascita le coordinate geomagnetiche del nido. Per uscire dal guscio i piccoli utilizzano il “dente da uovo”, una struttura particolare che dopo qualche settimana verrà riassorbito. Finalmente, una volta rotto il guscio, potranno scavare diversi giorni per raggiungere lo strato superficiale di sabbia, per poi dirigersi verso il mare con il calare della sera. Nonostante sembri tutto così semplice, in realtà soltanto alcuni dei neonati riusciranno nell’impresa, non solo per motivi naturali come la predazione, ma anche per motivi antropici come le luci artificiali; infatti i piccoli nati sono guidati verso l’acqua attraverso una sorta di programma biologico che porta loro a ricercare sull’orizzonte di 15 gradi una fonte luminosa, che generalmente ritrovano sulla luna e le stelle che si riflettono, se non fosse per la forte antropizzazione che porta le piccole a disorientarsi determinando la perdita di tutta la nidiata.
Nel momento in cui invece riescono nel loro intento e raggiungono il mare, nuoteranno ininterrottamente per oltre 24 ore allontanandosi dalla costa e raggiungendo la piattaforma continentale, ricca di una grande quantità di nutrienti trasportati dalle correnti. Gli esemplari giovani mostrano di solito una carena dorsale dentellata, assumendo un dorso “a sega”; generalmente le femmine hanno una coda meno lunga rispetto a quella dei maschi che invece si andrà ad ingrandire verso i 13 anni con la maturità sessuale; altre forme di dimorfismo sono la colorazione più bruna della pelle e una testa più gialla nel maschio.
Questa meravigliosa specie di tartaruga marina è così tanto importante non solo per l’ecosistema e per l’ecoturismo, ma anche perché risulta essere l’unica specie di tartaruga marina nidificante lungo le coste italiane. Purtroppo però è ormai particolarmente vulnerabile per diverse motivazioni: spesso i loro habitat vengono distrutti con le costruzioni antropiche, ma anche (come accennato in precedenza) a causa dell’’inquinamento acustico, chimico e luminoso.
Spesso gli individui vengono catturati accidentalmente dalle reti da pesca, mentre non è comunque da sottovalutare il riscaldamento globale, che causa gravi squilibri nella popolazione di nascituri andando ad alterare le temperature, e quindi il sesso dei diversi membri.
Per tutte queste motivazioni, ci si può rendere conto di quanto, ancora una volta l’uomo direttamente e indirettamente, sia coinvolto nella distruzione del nostro prezioso ma delicatissimo patrimonio naturalistico.
Giulia Calonzi
Fonti:
Microsoft encarta
Videoenciclopedia Armando Curcio Editore
Sea Turtles: a complete guide to their biology, behavior and conservation (James R. Spotila).
Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA