Sappiamo che il baby schema (le caratteristiche fenotipiche e comportamentali dei cuccioli) attirano in noi le più primitive cure parentali. Questo schema, studiato da Darwin, ha infatti lo scopo evolutivo di far sì che gli adulti si prendano cura dei piccoli…anche a livello inter-specifico.
E se i cuccioli è scientificamente provato che sveglino la nostra tenerezza, ora uno studio ci ha svelato che è altrettanto scientificamente provato che i cani, vista la loro co-evoluzione con l’essere umano, abbiano sviluppato dei muscoli “speciali” per chiedere attenzione all’Homo sapiens.
Da uno studio emerge che l’anatomia facciale del cane è simile a quella del lupo, ma differisce nella muscolatura sopra gli occhi. I cani, infatti, hanno un piccolo muscolo che consente loro di alzare agevolmente la zona al di sopra dell’occhio, che lo separa dal resto della fronte, e dirigere la vista verso il proprietario con uno sguardo che ci sembra più intenso. Questo elemento invece manca nel lupo.
L’idea è che i movimenti del sopracciglio e dell’occhio inneschino una reazione specifica nell’essere umano è legata alla nostra percezione dei “cuccioli”. Questo accade perché l’occhio del cane sembra più grande, ricorda quello di un bambino e spesso richiama l’espressione di una persona triste.
Quando i cuccioli muovono gli occhi in questo modo sembrano accendere un forte desiderio, in noi, di prendersi cura di loro. “I risultati suggeriscono che le sopracciglia espressive nei cani possono essere il risultato delle preferenze inconsce degli umani che hanno influenzato la selezione durante la domesticazione. Quando i cani fanno il movimento, sembra suscitino un forte desiderio negli esseri umani di prendersi cura di loro. Ciò darebbe ai cani, che muovono le sopracciglia, un vantaggio in termini di selezione rispetto agli altri e rafforzerebbe il tratto ‘occhi da cucciolo’ per le generazioni future “ dicono i ricercatori.
Una possibilità alternativa – sempre in chiave evolutiva – è che l’essere umano ha una preferenza per le specie che hanno un’ampia zona bianca nell’occhio e i movimenti dei cuccioli studiati nella ricerca rendono gli occhi più grandi e aumentano l’esposizione della parte chiara degli occhi.
“Il muscolo che consente al cane di alzare il sopracciglio si presenta, nel lupo, come una serie di fibre muscolari ristrette e irregolari”, ha sottolineato Anne Burrows, coautrice del paper e ricercatrice alla Duquesne University a Pittsburgh. Gli autori ipotizzano che questa differenza possa essere il frutto di un processo evolutivo durante la domesticazione dei cani.
“Abbiamo anche studiato il comportamento degli animali”, spiega Kaminski. “E quando i cani erano esposti per due minuti alla presenza dell’essere umano, alzavano il sopracciglio interno più spesso e con un’intensità superiore rispetto a quella dei lupi”. In qualche modo, dunque, il cane è più bravo ad accattivarsi il nostro interesse e l’empatia. Già in precedenza, il gruppo guidato da Kaminski aveva mostrato che questi animali domestici muovono i muscoli sopra gli occhi molto più spesso in presenza di un essere umano che quando sono da soli.
Gli autori rimarcano come sia noto da molto tempo che la forma del cane e l’anatomia hanno subito dei cambiamenti a causa della selezione guidata da pressioni esterne. Nella ricerca mostrano che le variazioni anatomiche non riguardano soltanto la struttura dello scheletro, ma i muscoli. “Una differenza straordinaria per specie ‘separate’ soltanto 33mila anni fa”, scrivono gli autori.
Insomma, un’altra magnifica scoperta che ci dimostra ancora una volta quanto cane e lupo siano diversi…e che questa differenza ha le basi in una sola ragione: la co-evoluzione. Il rapporto diadico, simbiotico, mutualistico e spontaneo che ha visto l’Homo sapiens addomesticare il cane e il cane addomesticare l’Homo sapiens.
Un’altra dimostrazione dell’immensa differenza genetica, comportamentale e biologica che separa i domestici dai selvatici. L’ennesima conferma del fatto che un lupo non potrà mai portarci la pallina, un leone non potrà mai farsi accarezzare e un elefante abbracciare.
Chiara Grasso, presidente dell’Associazione ETICOSCIENZA