Articolo di Alessandro Di Bello, nostro associato che ha seguito il corso in Comunicazione e Divulgazione Scientifica.
Il rifugio della fauna dell’Artico è una delle aree protette più grandi del mondo. Localizzato a nord-est dell’Alaska, costituisce l’habitat di molte specie diverse, come i famosi orsi polari.
Questo ambiente è un ecosistema molto complesso e sempre in cambiamento. In inverno le temperature raggiungono 60 gradi sotto lo zero e nei giorni più corti il sole non sorge mai. In estate invece, la tundra rinasce e le lunghe giornate di sole permettono la crescita di vita microscopica che sta alla base della catena alimentare marina.
Questa parte di mondo, essendo quasi completamente incontaminata, ci offre un esempio di come l’ambiente sarebbe apparso senza l’apporto antropico. Inoltre, date le condizioni avverse, solo le specie più adattate riescono a sopravvivere e questo offre un esempio unico di come la vita sul nostro pianeta si sia evoluta.
Questo ecosistema è di un’importanza inestimabile, ma è anche molto fragile. Rispetto al resto della terra, il clima dell’Artico sta cambiando il doppio più velocemente e le conseguenze si risentono a livello mondiale.
Come se non bastasse recentemente questi territori sono diventati bersaglio delle speculazioni del settore dell’energia, principalmente compagnie in cerca di nuovi pozzi petroliferi. Intere aree protette potrebbero essere vendute al miglior offerente, questa eventualità causerebbe degli effetti a catena che sarebbero tangibili per decenni. La sola ricerca del petrolio causerebbe l’interruzione del letargo degli orsi polari e metterebbe i cuccioli a rischio. Questo perché vengono impiegate delle onde sismiche artificiali, create da bulldozer che scuotono il terreno. I tremori riflettono quello che è presente nel sottosuolo, dando informazioni su possibili giacimenti. Questi scuotimenti hanno come effetto collaterale quello di creare cicatrici nell’ambiente e disturbare il riposo degli orsi.
I danni delle trivellazioni sono molto più estesi, non solo causerebbero la fuoriuscita dell’anidride carbonica intrappolata nel ghiaccio, ma il rischio di un riversamento di petrolio arriverebbe fino al 75%. Praticamente un disastro ambientale assicurato.
Molte associazioni si stanno battendo per salvare l’Artico, tra cui “Protect The Arctic” che ha lanciato una campagna di raccolta firme per questa causa. Le prime autorizzazioni per procedere con i trivellamenti sono previste per il 6 Gennaio 2021 ma molti gruppi e organizzazioni si stanno mobilitando per evitarlo, grazie anche all’aiuto di chi con una semplice firma può essere parte di qualcosa di più grande. Link: https://www.protectthearctic.org/take-action-to-protect-the-arctic-national-wildlife-refuge
Alessandro Di Bello
Fonti:
- Cornwall W., 2020, “Plan to map oil in Alaska’s refuge ignores environmental risks, critics say”, Science
- Protect the Artic, 2020, https://www.protectthearctic.org
Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)
- Altro
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)