Articolo di Giorgia Alberani, nostra associata che ha seguito il Corso in Comunicazione e Divulgazione Scientifica
Cosa si intende per stress? Come specificato dal dottor Hans Selye (medico austriaco 1907-1982, primo ad aver dato una definizione di questo fenomeno), lo stress è “Una risposta non specifica del corpo ad un qualsiasi cambiamento esterno”.
Questa risposta però, non è sempre uguale, e per questo si può dividere lo stress in stress “buono” e stress “cattivo”, come affermato dal dottor Zhi-Shuai Hou nell’articolo riportato in bibliografia. Lo stress buono ci aiuta a rispondere alle situazioni, pensiamo ad esempio a un giaguaro che ha sete, questa situazione di stress lo porta a cercare acqua, comportamento che lo salva dalla disidratazione.
Quando lo stress diventa negativo? Quando la situazione stressante si manifesta per tanto tempo senza che l’interessato possa fare qualcosa per cambiare il suo stato. Pensiamo ad esempio ad un elefante incatenato che vorrebbe muoversi, ma non può a causa della catena. Questi vorrebbe manifestare un comportamento naturale (spostarsi) ma non può a causa di un impedimento imposto dall’uomo. Quindi, soprattutto nelle condizioni di cattività, è importante riconoscere questi segnali per migliorare lo stato di benessere dell’animale.
Gli animali, che tipo di stress provano e come lo comunicano?
Svariati studi come quello affrontato da Zhi-Shuai Hou o da Friend, dimostrano che gli animali possono provare sia stress buono (eustress) che stress cattivo (distress), e che cercano di comunicare queste condizioni tramite versi e comportamenti particolari. Questi ultimi ci possono sembrare strani o addirittura buffi quando li vediamo, ma in realtà indicano un forte senso di disagio psico-fisico.
Queste alterazioni comportamentali si manifestano spesso con movimenti ripetuti e a volte autolesionistici e si possono presentare sia nel caso di animali selvatici sia nel caso di animali domestici non correttamente gestiti. Riprendendo il caso dell’elefante alla catena visto in precedenza, per manifestare il suo senso di disagio, inizierà a dondolare avanti e indietro. Tale comportamento in natura non avrebbe senso in quanto non risponde a nessuna necessità, ma si sviluppa in un contesto di costrizione indicando stress psicologico. Facendo un parallelismo con l’essere umano, ognuno di noi in situazioni di stress prolungato presenta dei comportamenti particolari, partendo da segni meno evidenti come mordersi il labbro fino ad arrivare a tic veri e propri.
Possiamo quindi concludere che gli animali provano stress proprio come l’essere umano e che manifestano questo senso di disagio con comportamenti particolari e spesso rischiosi per la propria incolumità e per quella dell’uomo. È pertanto nostro dovere in quanto Homo sapiens, accorgerci di questo senso di disagio e cercare con ogni sforzo possibile di dare una vita migliore ai nostri animali poiché anche noi, come loro, siamo solamente abitanti di questa terra e non padroni.
Giorgia Alberani
Fonti:
Friend et al., “The effect of penning versus picketing on stereotypic behavior of circus elephants”, in Applied Animal Behaviour Science Vol 64., 1999.
G.Fink, Stress: concept Definition and History, Reference Module in Neuroscience and Biobehavioral Psychology, 2017.
Martino et al., Tics and stereotypies: A comparative clinical review, Parkinsonism &Releated Disorders Vol 59, 2019.
Zhi-Shuai Hou et al., Effects of long-term crowding stress on neuro-endocrine-immune network of rainbow trout (Oncorhynchus mykiss), Fish and Shellfish Immunology Vol.95, 2019.
Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA